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sardana

Danza Sardana eseguita intorno ad un fuoco (da M. Clarke e C. Crisp, The history of Dance, 1981).
La sardana, espressione e simbolo dell’etnia catalana, prende l’avvio con un girotondo rapido e impetuoso nel quale più volte si eseguono salti e si incrociano i piedi. Alla fase di rotazione frenetica fa seguito, come per altre danze del genere diffuse in Europa, una fase di pausa e di movimenti più lenti. La rotazione frenetica e il salto hanno antichissime origini e un profondo significato simbolico. Quando il girotondo magico supera i limiti della misura naturale dei passi – sostiene Curt Sachs – i bambini e le spighe crescono forti e sani e la forza distruttrice della morte si spezzerà. Saltare, sollevare in alto la gamba, è una sospensione, un’azione contrapposta alla forza di gravità. Nel folklore europeo, ma anche presso i popoli primitivi, incontriamo danze saltate nella quali, la liberazione dai legami della materia è raggiunta con la forza. Al salto la mentalità magica arcaica associa il motivo della crescita, anche perché il saltatore si identifica con l’oggetto della danza, e non con il soggetto: saltare vorrà dire influenzare lo sviluppo delle piante e “quanto più alto sarà il salto, tanto più alto crescerà il grano” (Sachs). Il motivo del salto è presente nei rito matrimoniali, poiché si riteneva che saltare (sul fuoco, soprattutto) fosse un atto magico di purificazione e di fecondità. Avremo modo di incontrare Sardane del tipo mostrato nelle immagini presenti in molti siti di arte preistorica europea e nelle figurine plastiche della protostoria del Mediterraneo orientale. Il profondo attaccamento del popoli europei alla propria identità ed alle proprie tradizioni ha consentito che  tali danze venissero praticate fino a oggi.

“Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra”.
Una cantilena del genere, che anch’io ho cantato più di cinquant’anni fa, viene ancora eseguita in diversi luoghi d’Europa, anche se con sempre minore frequenza, da bambini che si tengono per mano mentre si muovono tutti insieme, senza fretta, intorno ad un  centro al cui interno sta una mamma, la maestra, un oggetto.
Nel loro gioco attivano senza saperlo un arcaico meccanismo gestuale, una millenaria danza magica che ha conservato inalterati nel tempo gli aspetti coreutici più rilevanti. Non c’è memoria nei loro gesti. Lo schema è stato appreso senza alcuna mediazione. La nozione di ruotare in senso orario, seguendo il percorso giornaliero del sole, o in senso antiorario, seguendo quello della luna o del cielo notturno, è ormai desueta. Il ritornello contiene preziose ed oscure informazioni sulla funzione del girotondo. Al termine tutti si accucciano, e nessuno dei bambini sa ancora cosa sta accadendo, né si pone la domanda sul senso ultimo del canto e della posa. Loro non hanno bisogno di sapere che nei loro gesti è ancora in corso l’atto coreutico originario.
E probabile che nell’idea “casca il mondo, casca la terra”,  sia ancora viva la memoria di insuperate paure che l’uomo arcaico può aver materializzato al culmine di rigidi inverni trascorsi nel dubbio che il calore del sole non si sarebbe più manifestato. Oppure a scatenare quelle paure era il dubbio che il buio totale causato dal tramonto della luna sarebbe durato per sempre.
Il folclore europeo, con il suo costante riferimento alla danza ed al gesto, è certamente una fonte primaria per la comprensione della danza arcaica e delle sue origini. Lo stesso Curt Sachs sostiene che “il patrimonio coreutico del Medioevo non classico corrisponde nell’insieme a quello dei primitivi della nostra epoca” (Storia della danza, 2006, p. 282).  Il termine “arcaico”, che verrà utilizzato molto spesso, intende designare quel pensiero, quella cultura, quella comunità che, astraendo dalla linearità del tempo reale, ha concepito la realtà come una manifestazione ciclica, all’interno della quale “un oggetto o una azione acquistano un valore, e in questo caso diventano reali, in quanto partecipano, in un modo o nell’altro, di una realtà che li trascende” (M. Eliade).
Allora, qual è il punto di partenza per comprendere le origini della danza? La nostra unica possibilità è partire dal tempo presente, perché partire dall’inizio, cioè dal punto cronologicamente più lontano da noi e di conseguenza il più buio, non ha alcun senso.Il punto delle origini, quello cronologicamente più lontano da noi, è anche quello riguardo al quale sappiamo meno in assoluto. Per questo il nostro punto di partenza è il girotondo dei bambini di oggi e di ogni forma coreutica che fa ancora oggi parte del nostro background culturale e che ha una lunga storia da riscoprire. Solo con questo metodo di ricerca, che ho chiamato “Archeologia del Sapere” (anche se non trae ispirazione dall’opera di Foucaul), potremo scoprire almeno qualche risposta alle nostre domande. Ciò che noi oggi proviamo mentre danziamo contiene ancora, insieme alla sua struttura di danzadelleorigini, anche il suo significato originario.

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