5.c Ogni rappresentazione di danza è una danza perpetua

da | Gen 23, 2018 | Senza categoria | 1 commento

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Tiout, Atlas sahariano, ca. 3500 a.C. (da Anati). Un cacciatore sta scagliando la freccia verso un struzzo. Alle sue spalle un adorante di sesso femminile, posto nei pressi di un bovide, compie il suo gesto di mediazione cosmica al fine di favorire il buon esito della caccia. Il canale di comunicazione tra i due antropomorfi è la linea che collega i loro organi sessuali. 

Se la danza compiuta nelle tre dimensioni aveva già in sé tutte le potenzialità per portare a buon fine gli obiettivi per i quali era stata istituita (identità sociale, fortuna nella caccia, fertilità dei campi ecc.), quale senso poteva dunque avere la sua trasformazione in immagine, medium che sembrava apparentemente il meno indicato per conseguire l’esito auspicato? Un episodio narrato dalla Bibbia, anche se è parte di un contesto narrativo e non figurativo, ci consente di comprendere le modalità del passaggio dalla realtà alla rappresentazione:  “Mosè disse a Giosuè: “Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalek. Domani io starò dritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio”. Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani Israele era più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek. Poiché Mosè sentiva pesare le mani dalla stanchezza, presero una pietra, la misero sotto di lui ed egli vi sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto. Giosuè sconfisse Amalek e il suo popolo passandoli a fil di spada (Esodo 17,8-13).  Il racconto biblico descrive con chiarezza il passaggio che ci interessa: nella prima fase Mosè, in cima alla collina, con le poche forze di cui il suo corpo dispone compie il gesto cosmologico dell’adorante, per mezzo del quale trasferisce l’energia prodotta all’esercito di Israele. L’azione di Mosè è però condizionata dalla limitatezza della sua natura di uomo mortale. Nella seconda fase Aronne e Cur fanno sedere Mosè su una pietra (supporto) e mantengono le sue braccia sollevate verso l’alto fino al termine della battaglia. E’ proprio questo processo di “fissazione” che trasforma il gesto di Mosè in un meccanismo sovrumano in grado di produrre una quantità illimitata di energia. Se nella prima fase siamo di fronte ad un gesto significativa, incluso in un rituale (lo stesso gesto di mediazione cosmica viene compiuto dal sacerdote nel corso della Messa domenicale), nella seconda fase quello stesso gesto viene trasformato in un atto “perenne”, assoluto, in grado di produrre i suoi  effetti in perpetuo. Tale passaggio avviene proprio in virtù della fissazione su un supporto a cui è riconosciuta una funzione sacrale. Infatti, è proprio per la natura eterna ed immutabile che i popoli arcaici attribuiscono a molti supporti (la superficie della roccia, la grotta, le pareti della tomba o dell’urna che contiene le ceneri del defunto ecc.), che un’immagine è posta nella condizione di produrre i suoi effetti senza interruzione e per sempre. Così una danza danzata, cioè compiuta nelle tre dimensioni, avrà effetti commisurabili con la quantità di energia realmente prodotta,  mentre quelli di una danza rappresentata, in virtù della natura sacrale del supporto che la ospita e per il solo fatto che l’energia che la sostiene non avrà mai fine, saranno perpetui. Proprio per la sua struttura linguistica (codice chiuso) e per le qualità metafisiche attribuite al supporto che la ospita, l’immagine è sottratta agli errori ed all’imponderabilità della vita concreta e per questo agisce dall’interno degli stessi meccanismi cosmologici che muovono l’Universo. In tal modo una rappresentazione sarà in grado di pervenire infallibilmente al risultato auspicato ed i suoi effetti avranno una durata perpetua.

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Ruvo, Tomba del Guerriero (IV sec. a.C.). Acquarello realizzato da  Vincenzo Cantatore nel 1838, poco tempo dopo la scoperta della tomba. Nella fossa sono raccolti i resti del guerriero e il suo corredo funebre. Sulle pareti della camera è stata dipinta una danza femminile, allo scopo di allietare il defunto in perpetuo. Alcune delle lastre dipinte sono conservate al Museo Archeologico di Napoli.

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1 commento

  1. Myla R

    This was aa lovely blog post

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