15. I gesti significativi dell’uomo

da | Feb 3, 2018 | Senza categoria | 0 commenti

Nella tradizione occidentale la comunicazione avviene in prevalenza mediante atti di parola, rispetto ai quali la mimica assume un’importanza sempre più secondaria. In altre parole, la nostra cultura è strettamente legata al modello fonetico, al mondo della parola, al punto che non si potrebbe formulare un ragionamento senza prima attivare una sorta di discorso interiore. Il nostro modo di pensare è come un parlare senza usare la voce. Al contrario, i dati forniti dalle culture primitive e preistoriche confermano l’esistenza di un inscindibile legame tra il pensiero e il modo di esprimersi direttamente con il corpo e il gesto. Nella tradizione arcaica il corpo è considerato uno dei centri di irradiazione simbolica, al punto che lo stesso elemento spirituale può agire solo nella misura in cui dispone di uno strumento gestuale. Marcel Mauss, antropologo del ‘900, conferma nei suoi studi questa indicazione, mostrando come, presso i popoli primitivi, ogni gesto sia dotato di una intrinseca capacità di interagire con il mondo e di produrre su di esso effetti positivi o negativi. E’ per questo – dice Mauss – che “atto tecnico, atto fisico e atto magico religioso sono confusi per l’agente”. (MAUSS, 1965, 392).

Anche il fìlologo Tchang Tcheng Ming ha mostrato come le più arcaiche fasi di sviluppo della scrittura cinese derivano dal linguaggio dei gesti. Infatti, molti dei segni in esse utilizzati non rappresentano direttamente oggetti naturali, ma sono riproduzioni schematiche dei gesti descrittivi corrispondenti. La posizione dell’orante, per esempio, utilizzata nella mimica convenzionale cinese per designare l’oggetto “albero”, viene utilizzata dalla scrittura cinese per rappresentare la parola “albero”.

scrittura cinese

Nelle più antiche forme della scrittura cinese la presenza della figura umana è fondamentale per determinare il significato di ogni frase. La polivalenza segnica dei gero­glifici li renderebbe incomprensibili se il loro significato non fosse fissato mediante l’apposizione di quei segni ge­stuali determinativi (Fano).

Anche la scrittura egizia non era interamente fonetica e la polivalenza segnica dei geroglifici li renderebbe incomprensibili se il loro significato non fosse meglio precisato con l’aggiunta di alcuni segni gestuali determinativi. Il segno fonetico è sempre accompagnato da figurine di sesso maschile o femminile; un funzionario è reso da un antropomorfo che cammina impugnando
la verga, simbolo di autorità; un anziano, da una figura curva appoggiata ad un bastone; una scena di culto è identificabile per la presenza di un antropomorfo nella posa dell’adorante, e così via. Oltre alla figura umana intera vengono utilizzate singole parti del corpo: un naso è il determinativo per “odorare” o “respirare”; un orecchio per “ascoltare”; la testa indica il comando, la precedenza, la superiorità. Ogni riferimento all’atto di camminare è accompagnato da un paio di gambe; se viene indicato il ritorno, la direzione dei piedi è invertita. Nel libro dei morti, dove è scritto che l’anima virtuosa ha il privilegio di entrare e uscire da Ade, la frase viene conclusa con entrambi i determinativi, due coppie di gambe, una rivolta a destra e l’altra a sinistra.

Alla fine dell’800 l’antropologo F. H. Cushing, studiando la cultura degli indiani Zuni del Nuovo Messico, era stato il primo a comprendere che la formazione psicologica dei concetti di quel popolo, come di altri popoli primitivi nel mondo, è in stretta relazione con il loro modo di esprimersi a gesti, al punto che Cushing parla  di  “concetti manuali”.  Se consideriamo i “mnemonic songs” degli indiani Ojibwa studiati da Garrick Mallory (Picture-writing of American Indians, 1893) , possiamo rilevare che la maggior parte di queste pittografie ha per oggetto l’antropomorfo, colto in particolari e significative pose gestuali o di danza, o alcune parti del corpo umano (braccia, mani, testa, gambe, ecc.) cui è affidato un significato legato ad una particolare funzione. L’immagine riattiva una specifica sequenza mnemonica in modo che il messaggio, che deve essere recitato o cantato nella forma canonica, venga ricordato al momento opportuno.

fig 1

Quasi tutti i mnemonic songs riportati da G. Mallery  nel suo Picture-writing of the American Indians (1893)  documentano la rilevante funzione che il corpo e il gesto rivestono nel linguaggio degli indiani Ojibwa. Il mnemonic song sopra riportato  è la rappresentazione per immagini di un canto rituale. Ognuna delle  8 immagini è un cavillo mnemonico per tenere a memoria una strofa del canto: A) Una mano è immersa nella terra alla ricerca del rimedio (la cura); B) il corpo senza testa che emerge  dal cerchio è un’entità misteriosa: esso esprime l’energia positiva e curatrice della terra, che il cantore mette a disposizione del giovane e inesperto sciamano; la linea verticale indica il momento del canto in cui ha inizio la danza; C) il cerchio esterno è il punto di incontro degli uomini di medicina; quello interno è il cuore del cantore; le linee sul cerchio indicano gli sciamani che partecipano all’incontro; D) La testa con le linee a zig-zag che escono dagli occhi indica l’intensità dello sguardo dello sciamano; in tal modo viene riconosciuta l’importanza della sua partecipazione alla cerimonia; E) il corpo dell’orso attraversato dalla linea indica la presenza di un’entità spirituale dotata di grande potere; F) Le linee a zig-zag che escono ed entrano nelle orecchie esprimono il sapere riguardo alle cose del regno superiore ed ai segreti della terra; G) La lontra, simbolo del dio Manitù, colui che invia preziose informazioni agli uomini, fuoriesce da uno spazio sacro; H) il braccio sul cerchio indica il potere di ricevere da dio un misterioso potere. (Mallery, 1972, tav. 17, p. 233).

 

 

 

 

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