27. Pitagora, la lira e l’armonia del Cosmo

da | Mar 15, 2018 | Senza categoria | 0 commenti

Se si considera l’aritmetica, la geometria,  la musica e la cosmologia esclusivamente come singole discipline scientifiche, risulta difficile comprendere i motivi del loro possibile impiego, come strumento unificato a disposizione dell’indagine etno-antropologica, per la comprensione di alcune scottanti tematiche del simbolismo preistorico.

medio evo cinese

Il corpo umano inscritto nel quadrato (la terra) e nel cerchio (il cielo) esprime una delle più elevate forme di armonia, quella tra il gesto di mediazione cosmica, che l’uomo compie nel corso delle cerimonie religiose, e l’intero universo (Cina, Medio Evo).

 Pitagora (575ca.- 490 ca. a.C.) fu il primo ad affermare che “il numero  governa le forme e le idee” e ad utilizzare il termine kósmos per indicare l’armonia e la simmetria che regolano l’Universo. Egli si interroga anche sulla natura dei suoni, la cui reciproca relazione è di tipo numerico, esattamente come quella dei corpi celesti. Anche il movimento dei pianeti in orbita intorno alla Terra produce una gamma di suoni, una musica celeste che le nostre orecchie non sono più in grado di udire perché da sempre abituate a sentirla. L’armonia che percepiamo nella musica ed avvertiamo nel moto dei pianeti, si fonda sul magico potere  dei numeri.

Pitagora giunse ad intuire la stretta relazione tra musica e numero ascoltando il suono che usciva casualmente da una fucina dove alcuni fabbri  battevano con i loro martelli un ferro sull’incudine, producendo suoni in parte pienamente consonanti fra loro, in parte dissonanti. Sperimentando la natura dei suoni con il suo monocordo, Pitagora giunse alla conclusione che una corda messa in vibrazione produce un suono la cui “altezza” è inversamente proporzionale alla lunghezza della corda stessa. In questo modo procedette ad associare ogni nota prodotta ad un numero. Ad esempio, attribuì il numero 1 alla nota prodotta da una corda lunga 1 metro, il numero 2 a quella prodotta da una corda lunga mezzo metro, ecc.. Con l’ausilio di questo metodo, ogni nota risulta contraddistinta da un numero che è di fatto proporzionale alla propria frequenza.

trois freres 1

Grotta di Trois Frères Francia (17000-15000 anni fa). Scena ”di incantazione”, nel corso della quale un antropomorfo, travestito da bisonte, suona un arco musicale utilizzando la bocca come cassa armonica. L’atto  coinvolge un numero  imprecisato di  animali  (bisonti,  renne, cavalli). Un bisonte è ritratto mentre rivolge la testa verso il luogo da cui proviene lo stimolo sonoro, indicando l’effetto neurologico radicale che la musica produce su una grande varietà di specie viventi.

Il primo monocordo è l’arco musicale. Se l’interpretazione della scena del sorcier della Grotta di Trois Frères fosse vera, potrebbe avere un valore l’ipotesi che l’arco, prima del suo impiego come arma da caccia, ne abbia avuto uno come strumento di produzione di suoni.

La decorazione dell’anfora di Milo da una parte fornisce una descrizione letterale dell’incontro tra Apollo e Artemide, evento narrato dal mito conosciuto da tutti i greci; dall’altra, quegli elementi geometrici vengono interpretati come espressione figurata di un antico linguaggio esoterico, noto solo da una ristretta cerchia di iniziati, secondo il quale l’incontro del sole (Apollo) e la luna (Artemide) è la formulazione in termini ermetici di un evento cosmico realmente verificatosi: un’eclissi di sole.

anfora di Milo

“Apollo – dice Ferrero – non guida i cavalli tenendo in mano le redini, ma queste passano attraverso la lira. Suonare la lira e guidare i cavalli sono due atti che si danno distinti nel mondo della vita quotidiana. L’averli congiunti in modo tale che la lira guida i cavalli che trascinano il carro significa comunicare mediante questo significante insolito qualcosa di molto preciso, se si connette il significante “carro e cavalli” al percorso annuale del sole… Con la cetra il dio guida i cavalli  facendo loro variare non tanto la direzione della loro corsa, quanto la velocità del carro, in modo che il rapporto tra le due velocità sia identico a quello di un intervallo musicale” (Ferrero, pag. 6).

 

 

 

 

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