31.a Gesto e danza nel Neolitico

da | Giu 30, 2018 | Senza categoria | 0 commenti

La prevalenza della figura maschile (in particolare del guerriero) è uno degli effetti ancora oggi presenti dell’influsso indoeuropeo sulla cultura occidentale.
Tale influsso è documentato in primo luogo dalla compresenza di importanti elementi culturali in molte lingue europee, prima fra tutti la lingua nei suoi aspetti non solo lessicali, ma anche morfologici e grammaticali. A questa lingua comune corrispondeva una nuova cosmologia ed una organizzazione sociale di tipo patriarcale caratterizzata da una suddivisione in classi. Questo modello antropologico trova formulazione nei più antichi miti occidentali e nel repertorio iconografico, nel quale l’immagine dell’antropomorfo di sesso maschile assume, come si è detto, una funzione paradigmatica. Gli effetti di questa nuova organizzazione sociale si fanno sentire anche nella danza, se un frammento della Titanomachia, poema del periodo preomerico recita che “al centro danzava il padre degli uomini e degli dei”.

cemmo2

Masso di Cemmo nr. 2 (Età del Rame, prima meta del III millennio a.C). Antropomorfi di sesso maschiale che si accompagnano a pugnali della Cultura di Remedello. Il loro corpo è filiforme,  non triangolare come quelli della successiva Età del Bronzo. Secondo René Guenon, nelle dottrine esoteriche tradizionali, l’uomo che assume la posizione delle braccia a croce pone in atto il superamento della propria individualità e si pone alla ricerca dell’equilibrio perfetto degli stati dell’essere mediante l’espansione nelle 4 direzioni dello spazio. La posizione frontale dell’antropomorfo, tesminoniata dai piedi rivolti all’esterno, è espressione di una diversa modalità di relazione con il trascendente.

Prima di quel momento – ammesso, io non credo, che si possa dividere la storia in segmenti che si interrompono completamente – esisteva in Europa, cioè aveva una diffusione universale,  un diverso modello di società  che, per le sue peculiarità, metteva al centro la donna e lo specifico femminile. I più antichi documenti iconografici della nostra cultura ci lasciano intendere che, prima dell’influsso indoeuropeo, al centro della danza collettiva non ci fosse il padre ma la madre. E’ la cosiddetta “Grande Madre”, o “Grande Dea”, come la chiama Marija Gimbutas, la  “Dispensatrice di vita” che si manifesta nel ciclo naturale sotto multeplici aspetti. E’ lei che guida il ritmo della danza e insegna i passi “giusti” per porre ogni evento, umano e naturale, in sintonia con il Tutto. Al centro del primo girotondo c’è una donna, incarnazione della Dea sulla terra. In lei il mistero della vita si perpetua secondo ritmi che si inscrivono in quelli del Cosmo, primo fra tutti il ciclo lunare.

fig 37 Lengyel

Vaso della Cultura di Lengyel (ca. 5000 a.C.) decorato con simboli ed antropomorfi (da Gjmbutas). Nella lettura di Marija Gjmbutas, i quattro cani in rilievo sull’imboccatura del vaso stanno montando la guardia al suo contenuto; nei riquadri realizzati sul perimetro esterno sono presenti quattro piedi; tre danzatori  e un antropomorfo di sesso femminile nella posa dell’adorante sono rappresentati sul vaso alternati da losanghe. I cani (guardiani della vita), i piedi (simbolo della presenza della dea) e le losanghe (simbolo di fertilità e rigenerazione) concorrono a formare un contesto magico-rituale all’interno del quale è inserito il gesto dei danzatori che circondano la Dea.

Il vaso della cultura di Lengyel (V millennio a.C.) bene illustra questa visione del mondo che caratterizza l’iconografia delle culture neolitiche, forse le prime a fare una conta sistematica del tempo, istituendo una disciplina a cui per millenni sono state affidate molte speranze di sopravvivenza dopo la morte.

Starcevo2

Figura di adorante. Frammento di ceramica neolitica da Sarvas (cultura di Starcevo, V millennio a.C.).  I tratti del seno e del pube indicano che l’antropomorfo è di sesso femminile.

E’ stato Mircea Eliade a spiegarci che la religione delle civiltà agrarie è incentrata sulla drammatica esperienza della morte e sul miracolo della rinascita della materia vivente, di cui il ciclo del sole e la luna da sempre rappresentano il più elevato simbolo cosmologico. Grazie alla perpetua e ciclica rinascita della luna, epifania dello specifico femminile, era sotto gli occhi di tutti che la morte non è un’estinzione, ma è una fase di transizione attraverso i cicli della vita.

danza oranti naquane 21bis

Capodiponte (Valcamonica), Parco Nazionale di Naquane, roccia 21. Cerimonia collettiva che vede impegnati  7 antropomorfi allineati  nella posizione dell’adorante. Il sesso femminile degli antropomorfi è desunto dalla presenza di una coppellina all’interno degli arti inferiori.  Ai piedi è disteso un antropomorfo femminile, mentre un’altra adorante assiste alla cerimonia. Esiste una stretta corrispondenza tra la posa degli arti superiori ed inferiori, e ciò conferma che l’adorante svolge una funzione di axis mundi.

domus de janas2

Tomba Branca (Sardegna, Neolitico recente, 3500-2700 a.C.). Scena collettiva interamente
formata da figure antropomorfe nella posa dell’adorante. Due antropomorfi sulla parete di fondo sono uniti in un atto sessuale, collegato alla fertilità dell‟uomo e della natura, ma anche al mondo dei morti e all’idea della rinascita. La stessa deposizione nella tomba del defunto, spesso in posizione fetale, è una semina speciale che richiama una nuova nascita. (da B. Bagolini, Scoperte di arte neolitica al Riparo Gaban, BCSP, X, 1973, pp. 59-78: fig. 10.

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