
Il tumulo di Bredhøj appartiene ad un raro gruppo di tumuli circolari la cui sommità è perfettamente pianeggiante. Per questo la tradizione popolare ha attribuito a quegli spazi il nome di “colline della danza”. I tumuli di questo tipo , che misurano tra i 30 e i 60 mt di diametro e circa 2 mt. di altezza, si trovano principalmente nello Jutland e risalgono all’età del bronzo.
Nel suo libro Nordische Vorzeit (Neumunster, 1962) J. Brøndsted descrive le interessanti ricerche condotte dagli archeologi sui tumuli funerari dell’età del Bronzo (XV-V sec. a.C.) presenti nell’Europa settentrionale. In Danimarca queste strutture megalitiche interamente interrate, note con il nome di “colline piatte” (Flachhügel), venivano utilizzate per la celebrazione di cerimonie funebri connesse al culto degli antenati e della fertilità. Gli scavi archeologici condotti su questi tumuli hanno infatti portato alla luce tombe perfettamente conservate, con il corpo mummificato del defunto ancora alloggiato nel suo sepolcro di legno e accompagnato da offerte propiziatorie, come le trecce di capigliature femminili accuratamente acconciate. Poiché la sommità di questi tumuli è perfettamente piana, dunque particolarmente adatta per l’esecuzione di danze, la tradizione popolare ha fatto pervenire fino a noi il nome di dansehøj, colline della danza, (tedesco: Tanzhügel). L’area di diffusione di queste colline è molto ampia, al punto che alcune di esse sono conosciute in Scania (Svezia) con il nome di danshögar, termine svedese per dansehøj. Ma il legame tra i monumenti megalitici e la danza non si esaurisce qui. Oltre al toponimo “colline della danza”, dal quale già ricaviamo una chiara idea della loro funzione, anche la tradizione popolare ha trasmesso fino a noi molte leggende che risalgono alla prima fase di cristianizzazione e forniscono una spiegazione funzionale, si può dire quasi universale, della nascita dei monumenti megalitici europei, ancora una volta mettendo al centro della ritualità la danza. I tumuli rinvenuti a Bärenbühl (Foresta Nera, Germania) anche se di dimensioni minori rispetto a quelli danesi, secondo antiche leggende erano la sede di culti misteriosi nel corso dei quali le streghe si esibivano in balli sfrenati. Oltre ai tumuli funerari, la toponomastica collega la danza a tre tipi di monumenti megalitici:
1- i cromlech (circoli di pietre). Molte leggende raccolte in Francia e in Gran Bretagna descrivono la nascita dei circoli di pietra come conseguenza della pietrificazione di fanciulle che, invece di partecipare alle cerimonie religiose cristiane, avevano preferito recarsi in luoghi appartati per danzare. La leggenda delle “Bonnettes” (cattive ragazze) di Sailly racconta che sei ragazze si recarono sul tumulo a danzare accompagnate da un musicista. A forze di vederle saltare al suono della musica Dio decise di punirle pietrificandole. In altri casi, come quello delle Demoiselles di Cojoux, le giovani vennero pietrificate da Dio perché avevano preferito danzare piuttosto che andare alla messa domenicale. Le Demoiselles di Langon subirono lo stesso destino perché non si erano recate al vespro. Anche nel racconto popolare inglese le Trippet Stones (Pietre Viaggianti), le Merry Maidens (Allegre Fanciulle), come tutte le simpatiche compagnie da cui prendono il nome molti cromlech britannici, altro non sono che giovinette trasformate in pietra per aver danzato durante un Sabbah.

Cromlech di Sailly-en-Ostrevent,
2- i dolmen (strutture tombali costituite da pietre infisse al suolo che sorreggono un lastrone orizzontale). Una leggenda relativa al Dolmen della “Pierre Folle” (Saint Priest-la-Feuille) racconta che un giovane di Saint Priest, mentre di notte stava

Dolmen della “Pierre Folle”( Saint Priest-la-Feuille)
rientrando al suo villaggio, vide sette orribili fantasmi sotto forma di strani esseri vestiti di bianco che ballavano una sarabanda intorno al dolmen. Una volta avvistato il giovane, i fantasmi si trasformarono in sette giovani ragazze, belle come il giorno, mentre quella più bella fissava incantata il musicista (il diavolo). Blaise ebbe la sventura di cadere nella trappola sensuale tesa dalla più seducente delle fanciulle. A giorno fatto alcuni contadini, videro il giovane, ormai privo di senno, abbracciato al dolmen. Da allora, tutti gli abitanti del paese fanno attenzione a non avvicinarsi al dolmen dopo il tramonto, per paura di essere a loro volta avvicinati dalle sette fanciulle.

Giovani fanciulle danzano intorno alla “Stèle de l’Eglise” (Plonéour-Lanvern, Finistère, Francia). Catolina postale degli inizi del ‘900.
3- i menhir (pietre isolate infisse al centro di uno spazio cerimoniale). Una cartolina postale è in grado di fornirci un insuperabile esempio di come, nella società arcaica, alcuni rituali come la danza abbiano un’altissima capacità di permanere nel tempo e resistere ai cambiamenti. La foto, che risale ai primi anni del ‘900, documenta la danza compiuta da alcune fanciulle attorno alla “Stèle de l’Eglise” a Plonéour-Lanvern (Finistère, Francia) nel giorno della Festa del Perdono. Nonostante l’ambientazione cristiana, evidente persino nel nome attribuito al menhir, il contesto di questa danza è ancora quello protostorico. Pertanto, si può ipotizzare che la prima danza eseguita attorno a questo monolito risalga al tempo della sua costruzione, vale a dire alla tarda età del ferro (III se. a.C.). Tutte queste leggende confermano che l’esecuzione di danze nei circoli di pietre è stata una delle più rilevanti espressioni della ritualità dei popoli dell’Europa megalitica. Al quadro sopra delineato si aggiungono alcuni interessanti dettagli raccolti dall’archeologo inglese Audrey Burl nel suo libro “The Stone Circles of the British Isles” (1976): 1- il fondo del fossato che gira attorno al tumulo sepolcrale di Winterbourne Whitchurch (Dorset) è stato come lisciato dal movimento di piedi che ballano; 2- nel tumulo di Sutton 268 (Glanmorgan), gli esecutori del rituale – che Burl definisce danzatori – hanno lasciato il segno dei ripetuti giri eseguiti intorno alla sepoltura principale prima che vi fosse gettato sopra il tumulo di copertura.
La tradizione figurativa più vicina allo spirito della cultura megalitica trova espressione nelle stele camune dell’antica età del Bronzo (seconda metà III millennio a.C., Cultura del Vaso Campaniforne), che conserva decine di scene di danza che esprimono un unico modello coreutico. Sulla faccia principale del Masso nr. 3 di Cemmo (Capodiponte, Valcamonica) è incisa una scena di danza eseguita da 44 antropomorfi con busto triangolare, gambe aperte e braccia orizzontali appoggiate sulla spalla dell’antropomorfo a fianco. I danzatori sono distribuiti su cinque linee, “in una posizione – dice Angelo Fossati – che ancora oggi vediamo assunta in certe danze balcaniche attuali” (Fossati in: Le pietre degli dei, 1994). Sul lato posteriore del Masso sono incisi 20 antropomorfi disposti su cinque linee, non uniti in catena ma ritratti nell’atto di rivolgere le loro mani verso il masso stesso. Questa posa gestuale potrebbe essere intesa da una parte come l’atto compiuto per intercettare la forza cosmica emessa dal masso stesso il quale, in qualità di axis mundi, mette in comunicazione le regioni del Cosmo canalizzando energia positiva; dall’altra, se gli antropomorfi fossero stati immaginati con le spalle al masso, come l’atto che, attraverso le mani, restituisce alla comunità l’energia assorbita dal masso. L’idea che ha guidato la tracciatura dell’immagine, che coinvolge l’intera superficie del Masso nr. 3, è probabilmente quella di rappresentare integralmente una cerimonia realmente eseguita intorno al centro, forse costituito dal masso stesso. Tale cerimonia prevedeva l’esecuzione di una danza in linea nello spiazzo anteriore e un’azione gestuale collettiva in quello posteriore. Gli altri soggetti rappresentati su questo masso, gli animali selvatici e le alabarde, come su tutti gli altri massi incisi, includendo le scene di aratura o i simboli cosmologici, hanno a che vedere con gli obiettivi che i Camuni preistorici si proponevano di conseguire eseguendo il rituale.