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Gaudenzio Ragazzi, C’era una volta il torchio. Tecnologia arcaica e memoria in una vallata alpina, Le Edizioni di Agorà, Ethnographica nr. 2, Esine, 2020.

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Abstract

Questo libro è il frutto di un’appassionante ricerca avviata nel 2003 in seguito al casuale rinvenimento a Esine (Valcamonica) di una strana pietra che – come si è poi scoperto – era utilizzata come contrappeso in un antichissimo torchio. Negli anni successivi, dopo quella pietra, molte altre ne sono venute alla luce, insieme ai manufatti in pietra e legno che un tempo avevano fatto parte dei torchi utilizzati in tutte le valle alpine per la spremitura delle vinacce.                    Da una parte questa ricerca si propone di restituirci un quadro organico della più arcaica tecnica per la produzione del vino, fondamentale integratore di energie delle genti alpine; dall’altra, nel quasi totale silenzio delle fonti di archivio, di raccogliere dalla viva voce degli anziani viticoltori le testimonianze relative ai procedimenti di torchiatura impiegati fino alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso. Lo studio della tecnologia arcaica non può essere disgiunto dalla memoria che molte comunità alpina ancora conservano. La ricerca documenta come in Valcamonica, fino alla seconda metà del‘900, erano ancora funzionanti molti di torchi a leva. Uno di questi, scoperto a Berzo Demo, in virtù della sua struttura, del tutto simile a quella del torchio rinvenuto nella Villa dei Misteri di Pompei, risulta essere il più arcaico dell’intero arco alpino. Questo libro non vuole essere una semplice storia della viticoltura alpina, ma rappresenta piuttosto il tentativo di delineare, nei suoi risvolti antropologici, economici e sociali, una tecnologia che l’uomo delle Alpi ha messo in campo per produrre uno degli alimenti fondamentalei per la sua sopravvivenza.

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