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Danza delle origini. Da dove cominciamo? (2)

“Giro giro tondo, casca il mondo, casca la terra, tutti giù per terra”.
Una strofa del genere ancora oggi è cantata, anche se con sempre meno frequenza, in diversi luoghi d’Europa da gruppi di bambini che si tengono per mano e si muovono lungo un cerchio. Mentre i bambini cantano, tutti insieme si muovono senza fretta ruotando intorno ad un centro, all’interno del quale c’è un bambino più piccolo, una mamma, la maestra, un oggetto. ‘
Nel loro gioco attivano senza saperlo un meccanismo gestuale, una danza magica antica di millenni, che ha mantenuto inalterato nel tempo i suoi dati coreutici più rilevanti. Non c’è più memoria nei loro gesti; ormai sono secoli, forse millenni, che l’idea di una rotazione in senso orario, lungo il percorso giornaliero del sole, o in senso antiorario, seguendo l’evoluzione della luna o del cielo notturno, non si pone più. Il ritornello contiene preziose, ancorchè oscure informazioni sul fine ultimo del girotondo. Sul finire, al canto dell’ultima quartina, tutti si accucciano, ma nessuno dei bambini sa cosa sta realmente facendo, né si pone la domanda sul significato di quel canto e di quel movimento. Loro non lo sanno, ma il movimento coreutico è ancora presente in tutta la sua forza e chiarezza. Manca solo il codice interpretativo.
E probabile che nell’idea “casca il mondo, casca la terra”, ci sia il ricordo delle paure dell’uomo arcaico, maturate al culmine dei lunghi inverni trascorsi nel dubbio che la forza del sole non sarebbe più stata in grado di rinnovarsi; il chè farebbe pensare ad una danza solare. Oppure potrebbe trattarsi dell’imitazione del tramonto della luna, cioè del completo oscuramento della terra.
L’evento potrebbe riprodurre e drammatizzare nel presente una paura formatasi nelle buie notti trascorse dal nostro primo antenato preistorico, e mai del tutto superata. Il folclore europeo, con il suo costante riferimento alla danza ed al gesto, è certamente una fonte preziosa per la comprensione delle origini della danza. Curt Sachs sostiene che “il patrimonio coreutico del Medioevo non classico corrisponde nell’insieme a quello dei primitivi della nostra epoca” (Storia della danza, Il Saggiatore, 2006, p. 282). Il riferimento non è solo alle più antiche forme della danza occidentale, ma anche alle danze compiute da quei popoli che hanno conservano fino ad oggi un livello arcaico di società e di tecnologia (dove il termine arcaico designa quel pensiero, quella cultura, quella comunità che, astraendo dalla linearità del tempo reale, ha concepito la realtà come una manifestazione ciclica, all’interno della quale “un oggetto o una azione acquistano un valore, e in questo caso diventano reali, in quanto partecipano, in un modo o nell’altro, di una realtà che li trascende” (M. Eliade, Il mito dell’eterno ritorno, 1975, p. 16).
Da dove partiamo, allora? Dobbiamo partire dal tempo presente. Partire dall’inizio, cioè dal punto cronologicamente più lontano da noi e di conseguenza il più buio, non avrebbe senso. Il momento delle origini, quello più lontano nel tempo rispetto al soggetto che conosce, è anche quello su cui sappiamo meno in assoluto. No, dobbiamo partire dal girotondo dei bambini di oggi e dalle manifestazioni coreutiche che sono pervenute fino a noi nel corso dei secoli. Là sta la risposta. Ciò che noi ancora oggi realizziamo mentre danziamo contiene ancora, insieme alla struttura originaria della danza, il seme della ricostruzione del significato.
Nella foto: Danza Sardana eseguita intorno ad un fuoco da giovani in età prematrimoniale. Spesso al centro sono posti anche i bambini (da M. Clarke e C. Crisp, The history of dance, 1981).
La Sardana, espressione e simbolo dell’etnia catalana, prende l’avvio con un girotondo rapido e impetuoso nel quale più volte si eseguono salti e si incrociano i piedi. Alla fase di rotazione frenetica fa seguito, come per altre danze del genere diffuse in Europa, una fase di pausa e di movimenti più lenti.
La rotazione frenetica e il salto hanno antichissime origini e un profondo significato simbolico. Quando il girotondo magico supera i limiti della misura naturale dei passi – sostiene Curt Sachs – i bambini e le spighe crescono forti e sani e la forza distruggitrice della morte si spezzerà. Saltare, sollevare in alto la gamba è una sospensione, un’azione contrapposta alla forza di gravità. Nel folklore europeo, ma anche presso i popoli primitivi incontriamo danze saltate nelle quali, la liberazione dai legami della materia è raggiunta con la forza. Al salto la mentalità magica arcaica associa il motivo della crescita, anche perchè il saltatore si identifica con l’oggetto della danza, e non con il soggetto: saltare vorrà dire influenzare lo sviluppo delle piante e “quanto più alto sarà il salto, tanto più alto crescerà il grano” (Sachs).

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