La danza delle origini

Di Gaudenzio Ragazzi

Nonostante il grande proliferare di studi dedicati all’Arte Preistorica, degli ultimi decenni il tema delle origini della danza è sempre rimasto ai margini della ricerca, soprattutto per la mancanza di un valido criterio di lettura che consentisse l’attribuzione di un significato ai documenti figurativi.

Per questo motivo gli storici della danza occidentale, disponendo soltanto delle fonti scritte e delle testimonianze fornite dalla tradizione popolare, costretti a tralasciare fino ad oggi il tema delle origini. Per questo motivo ad oggi non esiste in commercio un saggio che analizzi il gesto e la danza preistorica.

Questo libro si propone di ridurre il gap conoscitivo relativo ai più antichi documenti che attestano la pratica della danza nel continente europeo. La possibilità di portare a termine un obiettivo tanto ambizioso è il risultato di 30 anni di studio dedicato ad una nuova disciplina, l’Iconografia Preistorica, che ha messo lo scrivente nella condizione di acquisire alcuni criteri di lettura dell’immagine, premessa fondamentale per la comprensione non solo delle scene che hanno per oggetto il gesto e la danza, ma tutte le varie classi di rappresentazione che si incontrano nell’arte preistorico: la lotta, la guerra, l’aratura, la caccia, i simboli, ecc.

La prima parte del libro affronta e cerca di risolvere il problema dell’interpretazione utilizzando un metodo ermeneutico di indagine che è stato foucaultianamente chiamato “Archeologia del Sapere”, la quale analizza le immagini effettuando una sorta di “scavo” archeologico, cioè partendo dal “piano di campagna” (il tempo attuale) e scendendo di livello in livello fino ad incontrare lo strato, cioè l’epoca, a cui è attribuita un’immagine.

La cultura occidentale attuale, si è sempre mantenuta in costante e diretto contatto con la tradizione che l’ha immediatamente preceduta e, in virtù della persistenza di alcuni collegamenti simbolici, risulta ancora in simbiosi con parte del sapere che intende reperire nei documenti forniti dalla Preistoria.

Per comprendere il pensiero del nostro antenato preistorico dobbiamo dunque guardare dentro la nostra tradizione culturale, in modo da individuare quegli elementi, simbolici, figurativi, religiosi, che ci consentono di risalire al sapere che stiamo cercando e di connetterlo con il suo corrispondente più antico. L’analisi storica non può partire dal punto più lontano, di cui sappiamo poco o nulla, ma dal nostro presente che si apre sul passato. Per questo motivo l’ordine dei capitoli, l’ordine dei paragrafi, l’ordine delle immagini, segue volutamente la direzione che dal presente volge al passato.

Nell’arte preistorica le immagini realizzate su un pannello inciso o dipinto si trovano spesso in sovrapposizione tra loro e questo consente di agevolare il loro inserimento all’interno di una sequenza cronologica.

Un capitolo è dedicato alla concezione del corpo e la gestualità dell’uomo arcaico, che vengono indagate alla luce delle più importanti ricerche condotte dagli antropologi del ‘900 (Mauss, Guenon, Jousse, Cushing, Hertz, fino a Csordas). Ne deriva che ad ogni gesto significativo dell’uomo è attribuita una specifica funzione di mediazione cosmologica, nella quale l’Universo è concepito nella sua struttura quadripartita (il cielo degli astri, il cielo dei segni, la terra, il mondo infero), con qualche modifica rispetto al modello tripartito degli Indoeuropei elaborato da Dumezil. Sulla base di queste premesse, partendo dal gesto dell’adorante ancora oggi compiuto dal sacerdote nel corso della messa, sono stati individuati quattro tipo di gesto con quattro specifiche funzioni ed orientamenti cosmologici. Sulla base delle premesse metodologiche elaborate nel primo capitolo, la svastica viene interpretata come un simbolo gestuale che esprime la massima interazione verso le quattro direzioni dello spazio.

Nel terzo capitolo, sul quale la riflessione è solo alla fase iniziale, viene analizzata la rappresentazione degli strumenti sonori. L’emissione di un suono, come l’esecuzione di una danza, è oggetto di percezione solo nel momento in cui l’evento sonoro/coreutico è in corso. La loro rappresentazione in un supporto di natura “quantica” ha dunque la funzione di generare una risonanza perpetua ad azioni musicali i cui suoni hanno una breve durata nello spazio e nel tempo.

Il quarto capitolo è dedicato alle scene di danza presenti nel repertorio iconografico della Preistoria d’Europa. Il punto di partenza è una fase dell’Età del Ferro che si sviluppa in parallelo agli esordi della civiltà celtica e greco-romana; il punto di arrivo è quello in cui vengono indagati gli aspetti gestuali e coreutici che emergono a fatica dall’espressione figurativa del Paleolitico. La questione più interessante relativa al Paleolitico, che richiederà ancora indagini molto approfondite, è la radicale differenza tra il modo di rappresentare la figura animale rispetto alla figura antropomorfa. La prima, che costituisce il centro dell’epopea figurativa delle grotte franco-cantabriche, è resa in termini estremamente naturali, sia nell’uso dei colori che per l’attenzione al movimento. Al contrario la figura umana, che corrisponde solo al 3% delle immagini presenti sulle pareti delle grotte, appare come un corpo estraneo. La sua grafica è solo marginalmente improntata ai criteri del naturalismo; anzi, salvo pochissimi casi la sua forma è priva di movimento, molto approssimativa, quasi bambinesca.

Più che conclusioni questo libro mette in campo un nuovo punto di vista, che potrebbe aprire una via da percorrere alla scoperta del significato delle scene di danza presenti nell’arte preistorica. Un pensiero che dovrà essere approfondito riguarda l’affinità del supporto sacro su cui sono state apposte le immagini preistoriche, gesto, danza e altro, e la nozione di Campo elaborata dalla Meccanica Quantistica. I principi della magia delle culture arcaiche e quelli che determinano un effetto di risonanza in un Campo elettromagnetico, a detta di alcuni studiosi come J. Frazer, F. Capra, W.K. Heisenberg, rivelano un’affinità non certo casuale che, se approfondita, potrebbe aiutare l’uomo contemporaneo nella comprensione del suo antenato preistorico.

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